Consorzio Ecogas: Italia bocciata sulla qualità dell’aria, adesso servono gli incentivi per metano e gpl

27/11/2010 - Nicola Ventura

    L’Italia non ha finora affrontato in modo efficace il problema delle alte concentrazioni in aria del PM10, insieme a Cipro, Portogallo e Spagna. Ad affermarlo è la Commissione europea, che ha deciso di ricorrere alla Corte di giustizia per il mancato rispetto delle norme Ue.

    La direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa – si legge in una nota – impone agli Stati membri di limitare l’esposizione dei cittadini alle microparticelle denominate PM10.

    Entro il 2005 gli Stati membri avrebbero dovuto conformarsi a limiti di concentrazione da non superare oltre 35 volte in un anno. Veniva loro lasciata la possibilità di essere esentati da tali obblighi fino a giugno 2011, dimostrando però di avere adottato misure adeguate per arrivare a rispettarli entro tale termine e di attuare un piano per la qualità dell’aria che preveda le misure di abbattimento pertinenti per ogni zona considerata.

    L’Italia ha richiesto la proroga, ma la Commissione ritiene che le condizioni per concederla non siano state rispettate. Per questa ragione, ricorre alla Corte di giustizia europea contro il nostro Paese.

    Un fatto gravissimo, che potrebbe comportare l’applicazione di onerose sanzioni, c’è chi stima 1 miliardo e 700 milioni solo per la nostra realtà nazionale.

    Se questa cifra fosse stata stanziata per sostituire i veicoli a maggiore impatto, quali quelli a gasolio, con veicoli a impatto nullo di PM10, quali quelli a GPL e metano, forse una tale “processo” si sarebbe potuto arrestare, con un concreto contributo alla qualità dell’aria e alla salute degli abitanti delle zone più a rischio.

    I risultati ambientali degli incentivi all’auto del 2009 sono stati più volte enfatizzati in questi mesi proprio a marcare la differenza rispetto a quanto sta accadendo in mancanza di essi: se nell’ottobre del 2009 si era arrivati a toccare quote record del 25% di immatricolazioni a gas sul totale e quelle del gasolio erano scese al 39%, nel 2010 la situazione si è completamente ribaltata con i gas al 10% ed il gasolio in grande corsa al 51%; stesso discorso per le trasformazioni a gas che avevano raggiunto le oltre 250.000 unità diventate poco più di 100.000 quest’anno.

    L’ammodernamento del parco circolante, anche con la riconversione ecologica attraverso la trasformazione a GPL e metano è, inoltre, una misura con effetti ambientali a medio-lungo termine e la sua incentivazione genera uno spostamento strutturale dell’offerta di veicoli verso le tecnologie più pulite, rispetto alle quali le case auto si vedono “costrette” a competere con nuovi modelli, migliori prezzi e campagne pubblicitarie.

    La notizia del deferimento alla Corte di Giustizia dell’Italia rende ancora più evidente quanto sia stato inopportuno interrompere il sistema di agevolazioni ecologiche al mercato dell’auto e delle trasformazioni a gas.

    La procedura d’infrazione non fa altro che monetizzare l’errore compiuto con un valore che è ben superiore all’onere netto che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per riattivare le incentivazioni alle auto ecologiche.

    Per non parlare degli effetti industriali ed occupazionali che la mancata proroga dei contributi statali sta comportando e comporterà nei prossimi mesi, in un quadro economico-finanziario ancora instabile.

    Poiché la storia non finisce qui e i limiti di direttiva sulla qualità dell’aria diventeranno in futuro sempre più stringenti – osserva Alessandro Tramontano, presidente Consorzio Ecogas –, si chiede al Governo di rilanciare un piano sull’auto a emissioni zero di PM10, che ci permetta non solo di migliorare la qualità della nostra vita, ma anche di alleggerire la nostra finanza pubblica – già in sofferenza -, evitando il pagamento di sanzioni miliardarie. Se non la si vuole vedere come una iniziativa ambientale, la si affronti come una manovra finanziaria di tagli agli sprechi,  tra l’altro fonte di sviluppo industriale e fondamentale reddito per il comparto artigianale delle officine.