Solidarietà a metano in Ucraina: destinazione Chernobyl (parte prima)

04/01/2015 - guido.guerrini

    Il meteo di oggi dice che la temperatura rimarrà attorno allo zero con la possibilità di qualche nevicata e successiva schiarita. Cosa c’è di meglio che passare la prima domenica del nuovo anno in una ridente località che ha reso famosa l’Ucraina quasi trenta anni or sono? Appuntamento alle ore 8.30 in Piazza Maidan e pronti per partire per l’ambita meta!
     
    In realtà la centrale nucleare di Chernobyl è diventata anch’essa una destinazione, non definibile proprio turistica, ma senza dubbio interessante. Numerose agenzie di Kiev, ormai da oltre dieci anni, organizzano il tour del famigerato reattore numero 4 e delle città disabitate che sorgono attorno. Spesso era una vera e propria gara accaparrarsi un posto nei bus che accompagnano i “turisti” e i prezzi erano decisamente alti. La recente svalutazione della grivna ucraina ha di fatto dimezzato la spesa portandola da circa 200 dollari a testa a poco meno della metà. Accaparrarsi un posto d’inverno è più facile che riuscire ad entrare nella poco ambita lista di visitatori dei mesi estivi. Aggiungiamo anche che c’è una guerra in questa nazione e sarà facile capire perché siamo solo in nove a riempire il piccolo pulmino. Per la cronaca tre tedeschi, due olandesi di cui uno dotato di fidanzata ucraina, uno svedese e due italiani che ben conoscete. Completano la formazione l’autista e la guida, ovviamente indigeni.
     

    Sbrigate le formalità economiche il viaggio può finalmente partire. Davanti a noi circa 100 chilometri risalendo il fiume Dnipro prima di arrivare al punto di controllo di Dytyatky che delimita la prima zona di sicurezza ad un raggio di 30 km dal reattore esploso all’una del mattino del 26 aprile 1986. Accompagna il nostro viaggio un simpatico schermo sul quale possiamo guardare documentari in inglese sul celebre disastro alternati a filmati di propaganda nazionale ucraina con video antiputiniani. Per riempiere il palinsesto video ci vengono somministrati anche alcuni interessanti clip musicali ambientati nella città fantasma di Prypiat che sorge ad appena due chilometri dalla centrale.
     
    Il passaggio al punto di controllo di Dytyatky prevede l’identificazione dei presenti tramite passaporto. Numero di documento e generalità vengono solitamente fornite alle agenzie almeno dieci giorni lavorativi prima della visita, poi saranno proprio gli organizzatori del tour ad occuparsi delle procedure burocratiche per avere il lasciapassare per la zona di interdizione. Tra le raccomandazioni che ci vennero fatte via mail al momento della prenotazione c’è quella di indossare magliette e pantaloni lunghi onde evitare di esporre direttamente parti del corpo alle radiazioni.
     
    D’inverno, solitamente, nessuno dovrebbe contravvenire alla regola. Altra utile indicazione è quella di portare appresso acqua visto che l’ultimo negozio presente in zona ha chiuso i battenti sempre a primavera dell’86.
     
    Il passaggio del checkpoint permette anche di viaggiare indietro nel tempo visto che tutta la cartellonistica e segnaletica è quella sovietica, non esistono cartelloni pubblicitari e i nomi delle strade sono quelli dell’epoca.
    Il primo luogo che visitiamo è proprio la cittadina di Chernobyl che nonostante non sia la città più prossima alla centrale nucleare, ha donato il proprio nome all’infrastruttura. Chernobyl esisteva prima del 1200, mentre Prypiat fu fondata solo nel 1970 come centro per ospitare i lavoratori della centrale, quindi al momento della costruzione del sito atomico esisteva solo la città più vecchia.
     
    Chernobyl non è completamente disabitata, gli uffici pubblici sono attivi e qualche abitante è tornato a viverci dopo l’iniziale evacuazione. I contatori geiger di cui siamo dotati registrano la stessa radioattività di Kiev o di qualsiasi luogo urbanizzato del pianeta. Stessi dati possono essere letti nel contatore geiger pubblico situato a due passi dal parco che ricorda i nomi degli oltre cento paesi evacuati in Ucraina e Bielorussia presenti nel raggio di 30 km dalla centrale.
    Molte case di Chernobyl sono vecchie izbe in legno, quasi trenta anni di abbandono hanno permesso alla natura di riappropriarsi degli spazi urbani e in alcuni casi gli alberi e la vegetazione hanno contribuito al crollo delle casette.
     
    Singolare che in una casa in buone condizioni circondata da altre semi crollate, il proprietario abbia sentito la necessità di scrivere sul portone che la casa è regolarmente abitata. Il giro del paese continua con la visita alla caserma dei vigili del fuoco che per primi misero mano all’incendio successivo all’esplosione. Davanti alla struttura ancora in attività c’è il monumento che ricorda tutti coloro che per fermare la fuga radioattiva hanno perso la vita. I nostri contatori cominciano a suonare quando ci avviciniamo ai mezzi militari esposti sempre presso la caserma. Ancora oggi emettono radioattività molto sopra i livelli di guardia.
     
    Ci spostiamo presso una struttura militare di epoca sovietica attraversando sei chilometri di fitta foresta equamente divisa tra Ucraina e Bielorussia. La visita di un’enorme antenna alta 150 metri e larga quasi 400, denominata stazione Duga-3 ci fa tornare nell’epoca della guerra fredda. Questa immensa e pazzesca struttura doveva servire ad ascoltare tutto quello che veniva trasmesso nell’Europa centrale. Il superamento della tecnologia non ha permesso che entrasse mai in funzione. La piccola escursione militare ci permette di ascoltare dalla nostra guida come la foresta circostante sia veramente ricca di animali selvatici compresi orsi, lupi e addirittura cinghiali! L’assenza dell‘uomo per lungo tempo, in un’area così vasta, ha permesso agli animali di proliferare in assoluta tranquillità creando una specie di parco naturale. Lasciamo la foresta, dove ha appena smesso di nevicare, per avvicinarci al sito dell’ex centrale nucleare.
     
    [list=1]