Idrogeno: l’unione fa la forza

15/09/2008 - Nicola Ventura

    Da alcuni anni, in risposta alle crescenti preoccupazioni relative all’inquinamento urbano e al riscaldamento globale, è cresciuto l’interesse verso forme di energia più eco-compatibili. È opinione diffusa che un regime energetico incentrato solo sullo sfruttamento dei combustibili fossili non sia più sostenibile né dal punto di vista ambientale, né con riferimento alla sicurezza dell’approvvigionamento.

    Tra le strategie che possono condurre a una minore dipendenza dagli idrocarburi, un’opzione è la diffusione di vettori energetici a basso impatto ambientale, ottenibili da fonti alternative. L’idrogeno sembra rispondere a queste esigenze: attraverso lo sfruttamento di un processo elettro-chimico all’interno di fuel cell, questo vettore consente di generare energia elettrica, calore e acqua, senza emissioni nocive. Tuttavia, l’applicazione estesa dell’idrogeno richiede il perfezionamento delle tecnologie per la sua produzione, stoccaggio e utilizzo. Se la produzione di idrogeno dovesse avvenire tramite il trattamento chimico di idrocarburi, il problema dell’emissione di anidride carbonica verrebbe solo parzialmente limitato, anche se si avrebbero benefici per quanto concerne le emissioni inquinanti rispetto all’impiego dei carburanti tradizionali. Diversamente, il ciclo sarebbe interamente pulito se la produzione di idrogeno avvenisse a partire da fonti rinnovabili.

    Le fuel cell sono sistemi capaci di convertire l’energia chimica di un combustibile direttamente in energia elettrica, garantendo rendimenti molto più elevati rispetto alle soluzioni tecnologiche oggi consolidate. Le principali applicazioni di questa tecnologia sono riconducibili a tre ambiti: soluzioni stazionarie, per la generazione di energia elettrica in forma distribuita; trasporto, come potenziale sostituto del motore a combustione interna; applicazioni portatili, destinate all’utilizzo nell’elettronica di consumo o come alternativa ai generatori di continuità.

    La combinazione idrogeno-fuel cell, basandosi su una tecnologia assai versatile e modulare, si propone come l’ideale complemento a una strategia di diversificazione delle fonti energetiche primarie. Nonostante le diverse valenze positive evidenziate, tuttavia, queste soluzioni tecnologiche denotano ancora molteplici problematiche a livello di filiera industriale. L’introduzione di una tecnologia così pervasiva (secondo diversi studiosi le fuel cell possiedono le caratteristiche tipiche delle disruptive innovation), infatti, richiede uno sforzo collaborativo da parte di tutti i soggetti coinvolti nel processo: dai produttori di componenti ai system integrator, fino agli utilizzatori finali, passando per i policy maker e i venture capitalist.

    Nell’ambito delle attività dell’European hydrogen and fuel cells business observatory, lanciato nel 2004 e coordinato dal Centro Space dell’Università Bocconi, in collaborazione con un network di università europee, sono state monitorate, dal 1997 a oggi, le dinamiche evolutive, le alleanze strategiche e i brevetti registrati dai diversi attori che operano in questa industria. Il crescente interesse nella tecnologia è testimoniato dal coinvolgimento di oltre 600 organizzazioni in tutto il mondo, che hanno dato vita a più di 800 accordi strategici di collaborazione negli ultimi sei anni. Le stesse organizzazioni hanno registrato nell’ultimo decennio quasi 12.000 brevetti collegati alla tecnologia delle fuel cell.

    I risultati delle ricerche condotte confermano che la collaborazione tra organizzazioni risulta essere la strategia più efficace per accelerare le dinamiche innovative e la diffusione di questa promettente, ma complessa tecnologia. La fitta rete di accordi rilevata non si sviluppa in modo casuale, ma secondo una logica di complementarità tra le organizzazioni coinvolte. Il supporto finanziario da parte dei soggetti pubblici e privati è tuttora imprescindibile per percorrere le curve di costo, migliorando le performance tecnologiche. Tuttavia, si aumenterebbe l’efficacia degli investimenti se, nel definire le scelte di erogazione, si considerasse maggiormente la struttura complessiva della rete di accordi, focalizzando l’attenzione su quelle imprese che oggi operano in posizione più centrale all’interno dei network.

    di Paolo Migliavacca, Angelo Russo e Stefano Pogutz, riaspettivamente, membri della Csr Unit della Bocconi e direttore del Master Bocconi in economia e management dell’ambiente e dell’energia

    Fonte: http://www.viasarfatti25.unibocconi.it