Rinnovabili 2010, l’Europa è in ritardo

07/05/2009 - Nicola Ventura

    L’Unione Europa difficilmente riuscirà a raggiungere gli obiettivi  per il 2010 sulle rinnovabili nel settore elettrico e nei trasporti. A frenare lo sviluppo delle fonti pulite incentivi poco affidabili, burocrazia e una rete che penalizza i piccoli produttori di energia rinnovabile.

    Il report della Commissione. Manca solo un anno e l’Europa non pare essere sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi del 2010. Questo il sunto estremo del nuovo report (vedi allegato) con il quale la Commissione europea fa il punto della situazione sulle rinnovabili nel settore elettrico e in quello dei trasporti, i due campi in cui si erano posti dei traguardi indicativi per il 2010. Con le direttive 2001/77/EC e 2003/30/EC si era infatti stabilito di raggiungere a livello europeo rispettivamente una produzione da rinnovabili del 21% del totale per l’elettricità e del 5,75% per i carburanti da autotrazione. I dati raccolti finora dicono invece che probabilmente non si supererà il 19% di rinnovabili per il settore elettrico e il 4-5% per i trasporti.

    I progressi in realtà ci sono stati, ma limitati ad alcune fonti e ad alcuni Stati membri. La nuova potenza installata per l’elettricità, ad esempio, viene in gran parte dall’eolico e dalla biomassa solida e se Germania e Ungheria hanno già raggiunto i loro obiettivi con un anno di anticipo, 9 paesi sono invece lontani a più di 6 punti percentuali dai loro target. L’Italia è andata abbastanza bene con una crescita di oltre 2 punti percentuali dal 2004 al 2006, i dati (riferiti al 2006) parlano di una percentuale di elettricità rinnovabile del 18,3% mentre l’obiettivo per il nostro paese è il 22,5%. Stati come la Francia, il Portogallo, l’Austria (che è al 61%, ma dovrebbe raggiungere il 78,1%), la Slovenia e molti altri sono però molto distanti e hanno avuto incrementi insufficienti o addirittura non ne hanno avuti.

    I motivi dei mancati risultati sono facili da individuare. Innanzitutto manca stabilità nei sistemi di incentivazione: “regimi ‘stop and go’ – spiega il documento – che esauriscono i budget a disposizione e cambiamenti di politiche e regole soffocano lo sviluppo delle rinnovabili nel settore elettrico”. Altro ostacolo le procedure amministrative: “pochi progressi sono stati fatti sulle raccomandazioni della Commissione in quanto a riforme amministrative. Le procedure continuano a essere complicate, con diverse autorità da consultare (…). I tempi lunghi e l’incertezza del processo restano i principali responsabili del collo di bottiglia”.

    Altro freno, la rete, spesso inadeguata ad accogliere e coordinare l’elettricità discontinua delle rinnovabili e gestita con “tariffe di connessione spesso poco trasparenti”, rischiando di discriminare i piccoli produttori e la generazione distribuita. Inoltre, le procedure di infrazione a carico degli Stati membri (e l’Italia, si scopre, è lo stato che ne ha avute di più) – spiega il documento – sono spesso uno strumento inefficace. Insomma: c’è bisogno di un nuovo quadro normativo e la buona notizia è che questo arriverà con la nuova Direttiva sulle fonti rinnovabili, parte del pacchetto clima-energia, che entrerà in vigore nel 2010.

    Meglio vanno invece le cose per quello che riguarda le energie rinnovabili nel settore del trasporto; leggasi biocarburanti, dato che si parla di un 75% di biodiesel e di un 15% di bioetanolo, mentre il restante 10% è diviso tra olii vegetali utilizzati soprattutto in Germania, Irlanda e Olanda e biogas diffuso soprattutto in Svezia. La quota dei carburanti rinnovabili a livello europeo è cresciuta molto soprattutto dal 2005 al 2007 (ultimi dati disponibili) arrivando al 2,6%; se continuasse così nel 2010 si potrebbe raggiungere quota 5%. Anche qui le prestazioni dei paesi sono molto diverse tra loro: Germania, Malta e Bulgaria sono i più vicini all’obiettivo (che in questo caso è il 5,75% per tutti) mentre l’Italia è tra gli ultimi, con solo lo 0,5% del totale dei carburanti proveniente da fonti rinnovabili.

    Parlando dell’obiettivo in materia di biocarburanti – contestato da molti per il possibile impatto ambientale (si veda il dibattito della primavera scorsa, seguito da Qualenergia.it) – il report si sofferma anche sulle ricadute sociali e ambientali. I biofuels, si legge, contribuiscono all’indipendenza energetica e hanno creato in Europa posti di lavoro (100mila compresi quelli per la biomassa da generazione elettrica). Assumendo che gli agro-carburanti siano stati prodotti in modo sostenibile, nel 2006-2007 avrebbero fatto risparmiare 18 milioni di tonnellate di CO2. Sugli impatti ambientali la Commissione è però cauta: da una parte parla dell’effetto positivo del recupero dei suoli abbandonati, dall’altra non nega problematiche come l’impoverimento dei suoli, l’uso di fertilizzanti e l’eventuale deforestazione. Impatti negativi difficili da controllare soprattutto per i biocarburanti di importazione, che però, si scopre, stanno avendo un ruolo sempre più importante nel raggiungimento dell’obiettivo: sia per il bioetanolo che per il biodiesel l’import è più che raddoppiato dal 2005 al 2007: viene dall’estero il 26% del biodiesel e il 31% del bioetanolo.
    Fonte: http://qualenergia.it