Anderson: «Incentivi? Mai così utili se davvero verdi»

09/02/2009 - Nicola Ventura

    Incentivi? Mai così utili, se davvero “verdi”. Doppiamente utili. Perché «rappresentano l’unico rimedio a breve per tamponare gli effetti più catastrofici di una crisi che deriva in massima parte dal fallimento del mercato».

    Ma soprattutto perché «proprio ora abbiamo l’opportunità di accelerare il passaggio a un nuovo modello di produzione e uso dell’energia, più pulita ma anche capace di offrire straordinarie occasioni di business».

    Chris Anderson, quarantottenne americano, non è né un paladino dei Verdi né un fanatico ambientalista. È semplicemente un profeta della tecnologia, e delle sue conseguenze sulla nostra vita. E quando si tratta di scovare nuove teorie per far soldi è addirittura un accanito provocatore. Dirige Wired, la rivista tecnologica più autorevole del nostro pianeta. Ha una fabbrica che sviluppa e sforna robot. Vive e lavora in California. Ha coniato lui, e l’ha spiegata in un libro di grande successo, la teoria rampante della “long tail”, la coda lunga dei modelli commerciali che assegna ai mercati parcellizzati, fatti dalla somma delle piccole cose che si vendono anche a pochi, il ruolo di traino dei nuovi modelli di redditività nel commercio di beni: merito dei tagli ai costi di marketing e di distribuzione permessi dal web.

    Chris ha in serbo per la prossima estate (lo ha confermato in una conferenza organizzata a Roma dall’Enel) un altro libro dai contorni forti. Spiegherà vizi e virtù di un altro trend «ineluttabile», che ci travolgerà: l’economia del gratis, ovvero il prorompente trucco planetario di offrire qualcosa senza farlo pagare per trainare i bisogni e l’acquisto di qualcos’altro che remunera abbondantemente il tutto. «Funzionerà anche per l’energia», azzarda.

    Scrutare il suo pensiero è sicuramente utile. Anche perché Anderson è il simbolo di tanti ripensamenti americani: il no al patto ambientale di Kyoto che è diventato un “ni” e ora forse un sì, l’ex-credo in un mercato che ha bisogno di poche regole e nessun incentivo. «Sono per il mercato, da sempre. Ma inutile nascondere che questo mercato ha fallito». Speranze e fiducia, dunque, nelle promesse di Obama, che con la sua campagna di incentivi mirati a breve e lungo termine vuole trasformare la Silicon Valley, dove la crisi è arrivata solo da poco ma minaccia di rimanerci a lungo, in una “Sun Valley”, laboratorio mondiale per lo sviluppo e produzione di energia rinnovabile.

    Funzionerà? «Se ben gestita l’operazione funzionerà meravigliosamente. E sarà capace di trainare una vera rivoluzione all’insegna del verde, basata sui tre fattori. C’è la modernizzazione dell’esausto sistema americano di interconnessione elettrica, che avrà 3mila miglia di nuove linee per collegare gli impianti verdi alla rete sviluppando la microgenerazione, con la parallela creazione di un fondo per rendere più efficiente l’uso dell’energia in almeno 3 milioni di abitazioni. Un’operazione che già di per sé creerà migliaia di posti di lavoro.

    «C’è poi la nuova frontiera, dai tempi necessariamente non brevi, dello stoccaggio dell’energia elettrica». Vien da pensare all’idrogeno, in teoria il “vettore ideale” dell’energia, da produrre nei momenti di bassa richiesta (magari con il nucleare, per il quale Anderson dice di non avere «alcuna pregiudiziale») per poi usarlo come ottimo carburante al momento giusto. Ma Anderson ha anche un’altra idea, più semplice ma anche più rivoluzionaria. Quella «di usare le automobili elettriche, inizialmente quelle ibride, come fossero delle grandi batterie trasportabili, al servizio della mobilità quando serve, ma capaci di restituire parte dell’energia immagazzinata per altri usi quando l’automobile è ferma, magari nei periodi di picco della richiesta elettrica». Magari per rivenderla. A vantaggio del singolo, ma anche della collettività, visto che questa filiera di produzione-stoccaggio-consumo «potrebbe essere estremamente efficiente».

    In pratica? «L’auto si ricarica di notte o attraverso la normale rete elettrica, meglio ancora con le fonti rinnovabili, ad esempio con l’eolico. Piazza così l’elettricità nei suoi accumulatori. Ne consuma solo parte della mobilità quotidiana. E quando si arriva in ufficio, o anche quando torniamo a casa e guardiamo la Tv o usiamo la lavatrice, può essere interconnessa alla rete e restituire parte di questa energia nei momenti di picco della richiesta». Ecco il gratis dell’energia. «Oggi con qualche incentivo. Domani, forse, con la possibilità di ottenere un saldo netto positivo».

    Sogno o realtà praticabile? «Oggi – puntaulizza Anderson – la tecnologia non è ancora matura per consentire tutto ciò. Ma l’efficienza e la capienza degli accumulatori stanno crescendo. Presto ci arriveremo, forse già da qualche anno. e questo è solo un esempio di quel nuovo modello di generazione distribuita che potrà davvero cambiare in meglio il nostro modello di consumo energetico».

    Molte delle nostre abitudini dovranno cambiare. Ne saremo capaci? «Sarà proprio la tecnologia ad aiutarci. Quando usavo una normale automobile a benzina ero un guidatore piuttosto indisciplinato. L’indicatore di velocità non lo guardavo. In un anno prendevo almeno sette o otto multe. Ora in California uso un’automobile ibrida e ho cambiato completamente il mio modo di guidare. Perché percepisco in ogni momento il passaggio automatico dall’alimentazione elettrica all’alimentazione a carburante a secondo delle prestazioni che chiedo. Mantenere la trazione elettrica è una piacevolissima sfida, ma devo limitare la velocità e le accelerazioni. Insomma, è la mia macchina, con la sua tecnologia, che mi consiglia e migliora l’uso, non solo eneregetico, che ne faccio. E sono convinto che questo possa essere applicato a molte, moltissime, delle nostre abitudini quotidiane».

    Ed ecco il terzo fattore citato da Anderson. «Crescerà, con tutto ciò, l’esigenza di sviluppare il power management, la gestione della domanda di questa energia sempre più distribuita. Una sfida che si poggerà sullo sviluppo delle reti intelligenti. E qui entrano in gioco le nuove fortissime sinergie, già oggi possibili, tra le tecnologie informatiche e l’energia. Ed è qui che la Silicon Valley può esplicare tutte le sue nuove potenzialità, al di là delle sue capacità di sviluppare azione di celle fotovoltaiche, che con l’economia del chip hanno direttamente a che fare».

    Fonte: http://www.ilsole24ore.com